
mercoledì 11 luglio 2007
benvenuti

la speranza
La speranza è il coraggio di guardare avanti. La speranza non è una virtù interiore, ma un principio con valenze etico-sociali. La speranza è l’etica che nasce come protesta e che pone il non-essere come positivo, perché dà voce alla mancanza e vede ciò che non va nell’essere per poter cambiare.
La speranza è l’esodo: il popolo in cammino che cerca di liberarsi dai dei-uomini, dai padroni, e dal sacro. La speranza è la possibilità di dissentire, è il guardare al presente per cambiarla per miglioralo. La speranza è di nuovo l’esodo: la possibilità di dire no, è il principio, perché sperare è liberarsi.Il futuro è ciò che ha il ruolo primario. Dovremo privilegiare lo sguardo in avanti, e non quello indietro. Il futuro, è ciò che è davanti a me e mi chiama, e questo futuro è il futuro umano. Noi siamo costitutivamente aperti e dobbiamo essere disponibili, disponibili al cambiamento. Dobbiamo aprirci al futuro, e il nostro modo di stare insieme si deve pensare non per ciò che è ma per ciò che deve essere. Speranza significa recuperare le utopie sociali, perché noi siamo una società in cammino. La verità viene dopo. Ma la nostra speranza non ci deve portare né ad un’impazienza impulsiva e iperattiva, che porterebbe alla rivoluzione per la rivoluzione, alla destabilizzazione perenne; né all’attesa inerte, passiva e rassegnata. La speranza dovrebbe permetterci di guardare con i nostri occhi il presente, e vedere cosa vogliamo cambiare; ma non deve impedirci di apprezzare il presente. Bisognerebbe guadare l’oggi pensando al domani, perché l’uomo è condannato ad essere libero. Una volta gettato nel mondo è responsabile del suo avvenire, del suo futuro. “L’uomo è l’avvenire dell’uomo”, diceva Sartre.
L’uomo deve inventarsi ogni giorno che passa, e per farlo non può che guardare al futuro e sperare, dicendo no, e dissentendo contro ciò che nel mondo non va. L’uomo per inventarsi ha bisogno di sogni, progetti, speranze. La speranza è il noi del popolo in cammino, è il noi degli uomini che costruiscono l’avvenire.

iniziamo a DIAFRAMMARE

Diamo un'immagine a ciò che i nostri occhi a volte non si soffermano a vedere, ma che esiste, è lì, in tanti angoli della nostra città, a testimoniare quella società colta, emancipata ed attraente, che i nostri nonni ci hanno raccontato essere stata.
Inviaci le tue foto (amatoriali o professionali) e le tue generalità all'indirizzo e-mail: diaframmi@diaframmi.it
Salvatore Dessì & Armando Garofalo
luoghi di confine #1



periferia di confine #3
periferia di confine #4
Mandaci le tue foto (formato jpg, dimensione max 2Mb) e le tue generalità all'indirizzo: diaframmi@diaframmi.it. Saranno pubblicate nelle prossime sezioni di "luoghi di confine".
Salvatore Dessì & Armando Garofalo
luoghi di confine #2


centro di confine #2

centro di confine #3

centro di confine #4


centro di confine #6

centro di confine #7
centro di confine #8
centro di confine #9
Salvatore Dessì & Armando Garofalo
energie #1
Il bagaglio di Esterina (uno di quattro pezzi) - 2006

Per il tuo sesto compleanno - 2006

La stanza (1) - 2006

La stanza (2) - 2006

Il gioco della sera - 2007
Le foto sono di Franco Di Benedetto - Grafimedia Castrovillari.
Claudia a commento delle sue opere ci suggerisce un passaggio (cit. p. 46) della poesia di Cristina Campo, tratta da "La tigre assenza" dal titolo "Diario Bizantino":
Kat-olos.
[...] Due mondi - e io vengo dall'altro.
La soglia, qui, non è tra mondo e mondo
energie #2



Decorazione - Bottigliera - Ristorante la Falconara - Castrovillari
Salvatore Dessì & Armando Garofalo
energie #3



gente di strada #1





racconti di strada #1




Il nostro arrivo forse rompe la loro quiete. Ci sentiamo un po’ a disagio e fuori luogo, ma salutiamo tutti e continuiamo increduli verso la villetta del Vescovado. Il degrado dei luoghi è palesemente percepibile, ma in fondo abbiamo appena scoperto che hanno un’anima e questo ci rincuora un po’, anche se un attimo dopo il nostro umore cambia. Abbarbicato su di un palo della pubblica illuminazione vediamo un ragazzetto che smanetta con la lampada: - Ecco, il solito vandalo! - è il nostro primo pensiero. Poi, però, avvicinandoci ci rendiamo conto che il nostro giudizio era stato frettoloso. E più avanti capirete che qui abbiamo sbagliamo per la seconda volta! Per intanto troviamo la villetta stranamente ordinata (anche se il contorno è alquanto decadente): l’erba tagliata, la vasca al centro ripulita, c’è finanche un bidone dell’immondizia, un tavolino con delle sedie e poi, un bel gruppetto di ragazzi vivaci, che giocano a carte e rumoreggiano: - Strano che ci sia tutta questa vita. - ci diciamo, ma non curanti decidiamo di procedere avanti, lungo la camminata sul Canal Greco, verso il Castello Aragonese. Qui la città medioevale si stacca violentemente dalla città ottocentesca, una rottura secca, due mondi che hanno smesso di dialogare da tempo, ognuno continua a vivere con la propria gente e con i propri ritmi, e questo non và affatto bene. Poi quando ci sporgiamo a vedere fra le impalcature il restauro che il Castello sta subendo ribadiamo questo concetto in modo più deciso: - Ma cosa stanno combinando? Questo non lo si può definire esattamente un restauro. - sobbalziamo. E ci rattristiamo. Ma cosa possiamo fare? Bella domanda questa. Riflettiamo per un pò e onde evitare di perplimerci completamente decidiamo che è meglio tornare indietro a riguardare con più attenzione il largo Vescovado. Un tempo, in questo luogo preciso, soggiornavano i vescovi, ed in tutta franchezza, si erano scelti proprio un gran bel posto: soleggiato, ventilato, appartato quel tanto che basta, e con un panorama rivolto ad una delle catene montuosa più belle di tutto il Suditalia, il Pollino. Anche i ragazzetti che affollano la villetta oggi si godono tutto questo, magari inconsapevolmente, eppure lo fanno. Entrando nel loro spazio ci sentiamo gli sguardi addosso, incuriositi e dubbiosi, e per rompere il ghiaccio chiediamo da quanto tempo hanno tagliato l’erba. E qui il loro orgoglio viene tutto fuori e la timidezza scompare all’improvviso: - Ma che dici?! L’erba l’abbiamo tagliata noi ieri pomeriggio, che se non lo facciamo chi ci pensa. Ci sarebbe una foresta! E le lampadine, guardate, guardate, le abbiamo cambiate tutte. Erano fulminate. C’abbiamo messo pure sto tavolino con le sedie, e stiamo qui il pomeriggio. – un torrente di parole, siamo assaliti dal loro entusiasmo. Non ci mollano. Hanno trovato qualcuno con cui sfogarsi e noi ci guardiamo, esterrefatti, meravigliati ma compiaciuti. Cavolo! Chi l’avrebbe mai detto. Prendiamo la palla al balzo e gli chiediamo che cosa ne pensano di adottare quello spazio, magari organizzandoci delle serate in musica, portandoci un po’ di gente, organizzando insomma una festa. Non aspettavano altro: - Ia come no! Magari! Sarebbe bello. Che dobbiamo fare? Diteci che vi aiutiamo, organizziamo subito. - è la loro risposta. - Questa - pensiamo - è energia allo stato puro. - che forse fa difficoltà a trovare sfogo, ma ce la mettono tutta, cercano di non impantanarsi nella palude delle assenze istituzionali, hanno tanta buona volontà e fuggono da quegli stereotipi che i media ci passano, bulli e devastatori. Siamo felici e siamo coinvolti dalla loro felicità. Poi uno di loro si avvicina e ci chiede gentilmente se può darci il suo curriculum. E’ un tecnico del suono. Disoccupato, ovviamente. Ha bisogno di lavorare e ci dice: - Magari con la vostra associazione…conoscete delle persone che hanno bisogno di me. Io ve lo lascio, non si sa mai. - Lo prendiamo, lo leggiamo, ci esaltiamo vedendo quanta esperienza possieda, e chiariamo che non gli possiamo promettere assolutamente niente, ma che se dovesse capitarci l’occasione giusta ci ricorderemo di lui. Ma è ora di andare. Sapete, facciamo difficoltà a separarci da questo posto. E’ stato un pomeriggio di sorprese piacevoli e di smentite clamorose. Sorprese, per aver avuto modo di incrociare una realtà che ignoravamo. Smentite, per i luoghi comuni che sono stati abbattuti. In ogni caso è da archiviare nella sezione delle positività. Quelle positività che questa città nasconde e che abbiamo desiderio di conoscere.


racconti di strada #2

Erica Sassone
via nova #1






