giovedì 13 novembre 2008

ritagli di tempo #2



Se diciamo "Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria", immediatamente associamo a questo termine altri come: pericolo, code, interminabile...ecc., ecc.. Eppure qualche decina di anni fa non la si pensava così. A guardare infatti questo cinegiornale "Radar", del 26 Marzo 1967 e redatto dal "Istituto Luce", appare invece chiaro che per l'epoca, questa infrastruttura, oggi tanto vituperata, era invece da considerarsi un enorme salto in avanti per lo sviluppo delle regioni del Sud Italia. In realtà se oggi non avessimo questo lembo di strada che taglia in due i nostri territori meridionali molto probabilmente saremmo ancora più fuori dal mondo già di quanto lo siamo adesso. La realtà è che l'eroismo politico di allora nel decidere di costruire questa arteria ci ha per lo meno consentito di tenere unito il cordone ombelicale con la nazione, e di convogliare una parte del grande traffico veicolare verso le nostre mete turistiche. Oggi però questo non è, più giustificabile, più tollerabile. Ci servono urgentemente infrastrutture moderne e funzionali, e questo è l'ennesimo appello che si leva per stimolare qualcuno a farlo.

Salvatore Dessì & Armando Garofalo

venerdì 24 ottobre 2008

interferenze #6

Sul quotidiano "calabria ora" di Venerdì 24 Ottobre 2008 abbiamo trovato un articolo che ci ha interessato: "Gli inglesi parlano calabrese". Overseas Property Shop è un'agenzia immobiliare di Uppingham, media città commerciale inglese, che ha avviato da qualche tempo una campagna promozionale per la vendita di case al mare in Calabria, ed in particolar modo nella provincia di Reggio Calabria. Il promo, che qui sotto potete visualizzare, parla della nostra regione come di una terra piena di autentica vita tradizionale, condizione questa, molto apprezzata dagli inglesi e che risulta appetibile nelle scelte turistiche dei viaggiatori. E' queste l'arma vincente della Calabria, e forse sembra proprio il caso di farne un cavallo di battaglia per le politiche turistiche da mettere in campo, sperando che nei prossimi anni gli inglesi comincino a comprare case anche nei nostri centri storici oramai spopolati, avviando così come è avvenuto in Toscana un virtuoso ciclo economico dell'economia locale.

Salvatore Dessì & Armando Garofalo

sabato 2 agosto 2008

ritagli di tempo #1

Pezzi di storia. Frammenti di sapienza umana persi nella memoria del tempo. Oggetti che appartengono ad altri usi, ad altre tecniche, ad altre necessità. Sono questi i ritagli di tempo, piccole cose sparse per la città che nessuno vede più, soffocate come sono dall'incuria di una civiltà e di un "progresso" che li ha azzittite. Noi, invece, gli diamo di nuovo voce, e in qualche modo le "proteggiamo".


Salvatore Dessì & Armando Garofalo

martedì 29 luglio 2008

chiacchiere da bar #1


Datemi il benvenuto (...ah Cosenza!!!...).
Cari lettori, eccomi ci sono anche io in questo nuovo spazio pensato per discutere, per parlare e magari anche per confrontarmi, sperando che da ciò possa ricavarsi qualcosa di costruttivo in caso contrario, poco importa, ci saremo fatti quattro chiacchiere, come al bar...da ciò il titolo del post.
Ho letto i precedenti post e devo dire che il livello, con l'aggiunta del mio, si abbasserà notevolmente, e di ciò mi scuso con gli intellettuali castrovillaresi e crotonesi che eventualmente mi leggeranno, ma lasciamo spazio anche a un pò di sana chiacchiera, magari su luoghi comuni o su cose dette e ridette. Approfitto di questo spazio gentilemente offertomi da due ragazzi che ci hanno sempre provato e che non demordono mai, e questo gli fà onore, visto l'alto numero di contatti che riceve il loro sito, che certo lo rende vetrina interessante per chi vuole comunicare qualcosa, e io, insomma, ci vorrei provare. Quanto a voi tutti, spero che parteciperete numerosi, più siete e più si chiacchiera, non abbiate paura delle vostre idee e magari anche del vostro italiano scritto, l'importante è comunicare: io stesso non sono Leopardi o Foscolo, quindi relax allo stato puro e sfogatevi, dite la vostra: una comunità dove non si parla, dove non si discute sui problemi che la affliggono è una comunità morta e forse anche sepolta!!! Ringrazio quindi tutti e lancio la prima "chiacchiera"...
Io vivo a Roma oramai da un pezzo, ma quest'anno sono tornato giù spesso (a Castrovillari, intendo) per ultimare la mia pratica da avvocato. L'altro giorno accompagnando l'avvocato da cui faccio pratica in udienza al Tribunale di Cosenza ho avuto modo di rivedere l'area urbana della "nostra" città capoluogo, e sono rimasto a bocca aperta. Vengo dalla città più grande d'Italia e certo non mi meraviglio facilmente nel vedere certe cose, ma per Cosenza mi è successo. Ci mancavo da qualche anno e devo dire che il colpo d'occhio che ho avuto vedendola dall'autostrada e poi percorrendo nel suo interno, mi ha lasciato "di stucco": una realtà in movimento, si vede e si percepisce, come si nota la ricchezza dell'indotto che le gira intorno. Sono rimasto colpito, per due ragioni: la prima, è vedere una realtà meridionale, calabrese in particolare (la Calabria è la maglia nera in ogni sondaggio o rilevamento di parametri economico-sociali...sic!), così attiva e in progress; la seconda, è notare il balzo, la voragine, il burrone, il dislivello, che esiste tra quella realtà (e intendo di tutta l'area urbana cosentina), e quella che le sta intorno, compresa la nostra naturalmente, anzi è proprio con l'area del Pollino, evidentemente, che ho fatto il paragone. Lo sò ci sono dei costi a questo sviluppo, come sosteneva il mio amico avvocato in auto al ritorno, di criminalità e di lesione barbara del territorio, però devo dire con grande onestà e provocatoriamente....ma chi se ne FREGA!!! Sono consapevole del fatto che Cosenza è sempre stata considerata anche dalle istituzioni, nazionali e regionali, una sorta di "isola felice", nella quale allocare TUTTO e dico proprio TUTTO: avete notato, TUTTO ciò che si fà dalle parti nostre, che ha un certo rilievo, si fà a Cosenza, TUTTO ciò che è produzione e scambio di beni e servizi viene localizzato, anche dalla produzione transnazionale, a Cosenza. Mi sono chiesto nel tormentato viaggio di ritorno, disturbato anche dall'incessante caldo calabrese e dall'aria condizionata altalenante della macchina, dov'è che noi abbiamo sbagliato e loro hanno fatto bene. La differenza è veramente abissale, un motivo deve esserci, e certo non è da rintracciarsi nelle particolari doti dei cosentini, con ciò naturalmente non voglio sminuire nessuno, anzi a loro riconosco una forte determinazione e ambizione (spesso vista come presunzione), caratteristiche queste che oramai dalle parti nostre si sono completamente perse a favore di un mero spirito di autoconservazione volto all'immobilismo e alla rassegnazione. Ripeto: ma dov'è il problema? Non mi dite la classe politica, perchè francamente noi non la abbiamo mai avuta: abbiamo mai avuto un deputato o un senatore degno di questo nome (ammesso che ce ne siano!!!) o un ministro o anche semplicemente un assessore regionale? Mai, o almeno io non me lo ricordo. Mi chiedo poi: ma perchè abbiamo sempre fatto la "guerra" a Cosenza? Noi con le nostre spade di cartone e per giunta spuntate, abbiamo avuto la presunzione di sfidare un'armata di ministri, deputati, senatori, consiglieri regionali e assessori, imprenditori ricchi e potenti, professionisti affermati: la sconfitta era inevitabile. E allora non sarebbe stato meglio metterci sotto le ali protettive della potente città capoluogo di provincia ed evitare di sognare il mito della targa "CV", e forse godere, anche noi, di qualche pezzettino lasciato cadere dalla ricca abbuffata di soldi pubblici di cui ha goduto e continua a godere Cosenza, sperando che questa magari un pò sazia lasciasse qualche cosina anche per noi, che probabilmente non ci avrebbe riempito lo stomaco, ma sicuramente ce lo avrebbe "appuntato"? Forse l'idea, "meglio essere temuti che amati", noi non ce lo potevamo permettere e abbiamo fatto più danni che successi perseguendola? E sopratutto, se proprio dovevamo sfidare il colosso non avremmo dovuto costruire una rete di sicure alleanze con realtà politico-economiche che, unite ai nostri scarsi mezzi, avrebbero, forse, a noi consentito di lottare adeguatamente? Nulla di tutto ciò, l'armata Brancaleone, combatte fiera e sprezzante da sola, non ci resta che accontentarci del rifacimento del manto stradale, della festa della Santa Patrona e delle vecchiaredde in piazza e della sclatta castrovillarese, famosa ovunque in zona, di gente che “crede” di vivere in città.

Francesco Tedeschi

sabato 19 luglio 2008

Raiz - concerto a Castrovillari

Il Dome club e Gianni Colaci, in collaborazione con l'Associazione culturale Chimera e l'Associazione culturale diaframmi, presentano il concerto acustico di Raiz, lunedì 28 Luglio 2008 alle ore 22:00 presso il teatro Sybaris al Protoconvento Francescano di Castrovillari.

Per info e prevendite si può far riferimento a:
Dome club
piazza Vittorio Emanuele II
Castrovillari
Dany Music
via Mazzini
Castrovillari
Gianni Colaci
347.1860132

Salvatore Dessì & Armando Garofalo

domenica 13 luglio 2008

i santi di strada

diaframmi riprende il suo cammino sospinto semplicemente dalla curiosità di conoscere e riscoprire la memoria della propria città! Memoria storica che vive ancora nel silenzio dei vicoli e stradine inestricabili che sussurrano e raccontano storie di vita quotidiana! Una città che sopravvive sepolta nella città, che rappresenta il passato e che dovrebbe essere il futuro di Castrovillari ma che di certo non è il presente! Stiamo parlando del centro storico, che fino ad un secolo fa era “tutta la città” e che ora è un margine, diviso da un’altra città in cerca di identità! In questo nuovo viaggio fatto di soste fisiche e mentali abbiamo scorto piccoli segni che pur passando talora inosservati, testimoniano un altrettanto ricco patrimonio “diffuso” e minuto, suggestivo e folclorico, di espressioni devozionali e popolari. Sparse per i vicoli e gli angoli meno conosciuti della città piccole immagini religiose, esposte con le forme architettoniche e con gli accorgimenti più diversi, raccontano storie di vita quotidiana e di devozione popolare, edicole sacre dedicate ai santi patroni della città o semplicemente dedicate ai santi protettori di famiglie o di quartiere. Alcune di queste sono ancora oggetto di cura da parte degli abitanti di questi vicoli, a cui prestano la loro attenzione con la devozione di sempre, pulendole, ornandole di fiori e di luci perché di sera rimangano illuminate, spesso facendole restaurare o ridipingere nel ripetuto tentativo forse di accaparrarsi le virtù o il favore della Madonna o del Santo rappresentati. Questo post dedicato a “i santi di strada” con la piccola raccolta fotografica che qui di seguito vi proponiamo vuole essere un modo anche per sottrarre dall’oblio e recuperare la memoria storica di un piccolo patrimonio minacciato da quei simboli della modernità che ne stanno deturpando la sua unicità. Al di là delle grandi emergenze le piccole edicole votive raccontano storie e custodiscono i segreti di aspetti dimenticati che caratterizzavano il cuore della città e facevano parte della sua “cultura sociale”; umori e voci della memoria che sono il sostrato indispensabile per ogni progetto di recupero.
Salvatore Dessì & Armando Garofalo

domenica 27 gennaio 2008

meditate che questo è stato


Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
10 Gennaio 1946

Primo Levi

venerdì 18 gennaio 2008

interferenze #6

Cari compatrioti della lussureggiante Castrovillari, sono ormai cinque mesi che non trasmetto nulla sul blog e devo dire che dopotutto non mi siete mancati più di tanto, meglio esser coerenti che deficienti. L’estate e l’autunno infatti sono già finiti e tra non molto passerà anche l’inverno per poi caricare le batterie per la raggiante primavera. L’altro giorno mi sono trovato di passaggio nel borgo: quante cose ho visto cambiare, quanti premi ricevere per gioco a gente e cittadini qualunque da parte di diari pittoreschi, quanti segnali stradali sono mutati e quanti cantieri sono stati chiusi, quante rotatorie terminate e quanti alberi secolari abbattuti. Ho visto mura cadere e vecchie arene cinematografiche diventare parcheggi a pagamento: d’altronde potevo aspettarmi di peggio, basta relativizzare la parola peggio in meglio ed il significato seppur a livello escatologico, ma non a livello empirico, cambia. In ogni modo, passate le feste siete già un po’ stressati, per questo rinuncio a far da cassandra e turlupinatore. Questo fine settimana è precisamente il giorno di sabato, ho dovuto assaporare il boccone amaro del pareggio della mia Juve con il Catania, consapevole comunque che l’arbitro avrebbe pensato a far vincere i cartoneros a Siena inventandosi l’ennesimo rigore. Ma, forse è meglio che continuino a vincere gli spioni nerazzurri, altrimenti tristemente ritorneremo con la tiritera degli scudetti degli onesti e dei ladri juventini. Ad arricchire le loro prestazioni, si accosta sistematicamente l’aplomb del loro presidente- filantropo il quale è talmente etico nei suoi movimenti intrisi di accreditamento reputazionale, che per ripianare i bilanci della sua corazzata, spinge in su il prezzo del barile, oltre a renderli più belli edulcolorandoli quanto basta.Sicuramente questo cappelletto iniziale accenderà le polemiche calcistiche da parte dei supporter dei cartoneros, quisquilie queste utili a condire il discorso con un pò di salsa. Adesso invece torniamo a parlare dei fatti nostri: anzi dei fatti vostri, io sono in esilio o al confino come meglio credete.Tanto tempo fa avevo accennato qualcosa sui lampioni capestro che con dovere di cronaca testimoniai, con prove documentate, quello che tali bastioni avevano cagionato alla struttura planetaria contribuendo al pari di altri fattori ad alterare il clima dell’intero pianeta. Ebbene adesso cari campesinos, sono riuscito a svelare un altro aspetto importante che per la sua proprietà di essere esotico ed arcano, non riesce a testimoniare la reale portata e quindi la fatalità del risultato. Alcuni burloni tre mesi fa, accostarono a tali manufatti un carattere lugubre poichè gli oggetti di cui sto parlando, tanto somigliano a delle tombe; altri invece, di dote più ingegnosa e dal carattere arguto, ne illustravano le ragioni, affiancandone motivazioni economiche, dovute ad un più rapido turnover degli astanti, poichè all’occhio umano tali costruzioni, essendo privi di spalliere, deturpavano la pigra seduta. Per raccontarvi la storia ho poggiato le mie tesi sulla storiografia della nostra città e della nostra regione, mutuando accurate ricerche effettuate da storici e lasciati agli archivi dell’accademia di Brera in Milano.Al fine di far orientare il vostro senso storico, consegno alla vostra mente due date che, per il prosieguo della storia, dovete tener sempre presenti: il 410 d.c. ed il 1944.La nostra storia parte quindi da molto lontano (ah, un’altra raccomandazione, quello che vi dico non spifferatelo ai quattro venti, la nostra città, solo con il passaparola, rischierebbe di diventare preda e carne da macello per i numerosi tombaroli presenti nella zona) e inizia con tutti quegli avvenimenti che determinarono la caduta dell’impero romano, ossia le invasioni barbariche. Nel 410 d.c. Alarico, re dei Goti, aiutato dai suoi manutengoli che gli aprirono le porte di Roma, il 24 agosto di quell’anno aggredì con il suo esercito la prima città dell’Impero, mettendo al contempo le mani su enormi ricchezze, fra le quali c’era una parte del tesoro del tempio di Gerusalemme distrutto da Tito Vespasiano. Dopo tre giorni di saccheggio, Alarico lasciò Roma pieno di tesori e con molti prigionieri al seguito. Dopo aver saccheggiato Roma, i Goti si spinsero verso il sud d’Italia, per trascorrere l’inverno nel Bruzio e cioè nella parte medio-superiore della Calabria. L’obiettivo ultimo di Alarico era quello di attraversare lo stretto e giungere in Sicilia per razziare l’intera isola. Purtroppo, per i Goti, Alarico muore nel 409 d.c. di morte improvvisa: secondo alcuni storici morì di malaria, punto dalla famosa zanzara, nei pressi di Sibari. I Goti, da esperti razziatori che erano, vollero preservare le spoglie del loro re, e in questo modo deviarono, grazie al lavoro dei prigionieri il fiume Basento dal suo alveo originale, al fine di destinare il letto del fiume a sepoltura perenne di quelle possenti ossa. Successivamente per far perdere le tracce del luogo della sepoltura, restituiscono al fiume l’originario corso e uccisero tutti i prigionieri affinchè nessuno potesse conoscere il luogo. La leggenda narra che insieme ad Alarico siano stati sepolti, al fine di difendere i tesori, le migliori canaglie del suo esercito. Nel 1944, Castrovillari fu colpita da un enorme calamita naturale: la grande alluvione, quella che le nostre nonne ricordavano poichè, secondo racconto popolari, alcuni videro San Francesco di Paola cavalcarne le onde e miracolare la città. Quell’alluvione sovvertì i distinti alvei dei fiumi limotrofi, confondendoli gli uni agli altri: il Coscile esondò nel Raganello, il Crati esondò nel Basento e nell’Esaro e tantissimi altri affluenti contribuirono a sovvertire le linee originali dei propri letti di scorrimento. Al rientro nei propri alvei, i fiumi confusero le proprie tracce originali e rimasero gonfi per molti anni a venire. Queste esorbitanti esondazioni, furono la causa della rimozione della camera funerea di Alarico e dei suoi guerrieri, che secondo il notabilato locale, giunse fino a sotto le gole del Coscile nei pressi di una chiesetta in zona Santa Venere. Molti anni dopo, in quella stessa località più o meno dopo gli anni novanta del precedente secolo, alcuni pastori atti ad effettuare la transumanza delle bestie, notarono delle lavandaie, le quali nel letto del fiume coscile, avevano rinvenuto questo enorme golam dove si trovava la famosa camera funerea. Quello era l’anno della grande siccità e della secca del fiume. Poichè le porte della camera funerea erano casellate di anatema secolare rivolto a chi avesse disturbato il lungo sonno del re, i religiosi e i credenti, anni dopo, ne attribuirono le ragioni del pianto sanguineo della statuetta della madonnina. I cafoni e le lavandaie tuttavia pensarono che quell’enorme golam fosse una casa abbandonata da un cittadino di Cosenza dopo il terremoto accorso alla zona Santa Lucia, confondendo l’anatema gotico per un possibile dialetto cosentino della zona di porta piana, famosa per la freschezza dell’acqua di una tipica fontanella comunale e per rispetto dei precedenti padroni, la lasciarono come monumento errante ricoperto di muschio e di limo di fiume. Ma le acque del fiume Coscile, seppure scorrevano lente e placide, non restarono a lungo tranquille. Il letto del Coscile fu sollecitato ulteriormente durante la fine degli anni 90 e durante il nuovo secolo: la ragione era rappresentata dal riammodernamento del Canal Greco, la cui falda acquifera è strettamente collegata al fiume cittadino e dal riempimento del suo letto. Casualità volle che durante lo straripamento della fogna del Canal Greco, la camera funerea arrivò in città e confluì nel raccordo fognario che convoglia le acque nere del centro cittadino: in sintesi, durante i lavori di scavo per la lastrificazione di via Roma, nell’indotto principale, gli architetti e gli ingegneri incaricati dal comune la portarono alla luce, grazie anche all’acume ed allo spessore tecnico di Moscarello del casato Nettuno e dell’addetto comunale a cui i conti quel giorno non tornavano affatto (la base non si trovava con l’altezza) . Il tecnico del comune, avvisato segretamente del rinvenimento, finalmente seppe dare una spiegazione plausibile al mancato assorbimento delle acque reflue e pluviali dai distinti tombini, che tanto aveva colpito la cittadinanza in quegli ultimi anni. Il maniscalco non c’era quel giorno e Ludovico il Moro, con gli occhi strepitanti di luce, penso di dar mandato per l’apertura della porta ad un riparatore di biciclette di Corso Garibaldi: tal Pinuccio Ricciutella che con una tronchesina mozza e qualche cucchiaio usato per rattoppare le camere d’aria, riuscì nell’intento. Nell’aprire la porta, i presenti trovarono quattrodici tombe ben rifinite, con l’assenza di qualsiasi tesoro: anzi trovarono un bigliettino di un precedente sindaco che avvertiva tutti i concittadini che con quei tesori rinvenuti nel passato si era provveduto negli anni ottanta a cementificare tutta Castrovillari e la restante somma era servita ad avviare il primo troncone del progetto per portare il mare a Castrovillari, promesso da un noto politico calabrese che spesso sedeva sugli scranni parlamentari. A quel punto Ludovico il moro, si trovava con un’enorme gatta da pelare: “dare degna sepoltura a quelle quattrodici anime perse”. Durante una riunione segreta, un ingegnere alle dipendenze del comune ebbe la trovata, cioè di far di quelle tombe un valido progetto: inserirle nel riammodernamento urbano della città ed usandole, debitamente rivestite di un marmo di carrara, come panchine per il bivacco cittadino. Purtroppo le maestranze non furono così zelanti da annotare i nomi agli spostamenti, e la loro implementazione nella piazza cittadina fu resa assolutamente anonima. Nessuno sa quindi dove sia stata posizionata quella riconducibile alle spoglie di Alarico. Tuttavia nelle notti di crescente umidità, molti nottambuli perdisonno, ritengono di aver incontrato in un vicoletto sotto via del popolo, il fantasma di Alarico che insieme ai suoi uomini chiedeva dove si trovava il torrione di avvistamento.Perciò buontemponi Castrovillaresi, se doveste un giorno qualsiasi sedervi su quelle fredde panchine, portate rispetto alle lastre di quel marmo, potreste esservi seduti proprio sulla tomba di Alarico.

Gianluigi Messina alias Il Vate della Daunia